sabato 11 aprile 2009

L'insegnamento della religione cattolica: un contributo all'educazione delle nuove generazioni nel contesto dell'Europa

L’inizio del XXI secolo si sta caratterizzando come periodo globale, multiculturale, multietnico e multireligioso, venendo a determinare una società sempre più complessa. La complessità cela una duplice realtà, da un lato può essere una ricchezza, un potenziale, un insieme di risorse da valorizzare, dall’altro lato può generare confusione e smarrimento, apatia, frustrazione, paura. In questa realtà siamo chiamati a operare come educatori delle nuove generazioni, in questa società locale ed europea, l’IRC (Insegnamento Religione Cattolica) è interpellata per dare un contributo all’educazione delle nuove generazioni. All’IRC è chiesto di essere nella scuola europea disciplina con un suo preciso statuto epistemologico, pur rimanendo fedele alla sua peculiarità. L’IRC è una disciplina che ha un suo statuto epistemologico, seppur ancore in nuce e non completamente enucleato, contemporaneamente è una disciplina che ha come impianto contenutistico quello della dottrina cristiana, questo non per volontà della Chiesa, ma in virtù di una legge dello stato italiano, frutto del concordato. Su questi temi si sono confrontati gli insegnanti di religione cattolica, formatori dei formatori, delegati delle diciotto diocesi siciliane presenti al VI corso regionale di aggiornamento tenutosi ad Acireale dal 25 al 28 marzo 2009. Gli ambiti e le tematiche oggetto di studio sono stati le seguenti: L’IRC e l’educazione dei giovani nella complessità della società globale. La dimensione sapienziale dello studio: una proposta (don A. Franco); L’IRC e i percorsi di apprendimento nella società complessa (Prof.ssa C. Sirna); La proposta cristiana e la ricerca della propria identità in un contesto interreligioso (don G. Alcamo); Ricerca IR in Europa-Simposio europeo (Dott.ssa B. Condorelli)

domenica 5 aprile 2009

Al limite della legalità


Oggi si assiste, spesso, a episodi di continua trasgressione delle norme e, nella fattispecie, quelle concernenti la convivenza civile. Queste azioni sono quelle che evidenziano, maggiormente, il non rispetto della legge. Oltre a ciò vorremmo attenzionare anche tutte quelle azioni illegali che invece appaiono come pratiche buone e giuste. Queste sono le azioni che incidono, pesantemente, sulla prassi educativa delle giovani generazioni. In altri termini, qui ci riferiamo a tutto un modo di gestire il bene comune come cosa privata, la gestione di un ruolo di servizio pubblico come possibilità di elargire privilegi e non come servizio legato a una funzione pubblica svolta in nome dello stato o di una qualsiasi organizzazione. Bisogna chiarire che cosa è legale e cosa non lo è, cioè, quali sono i limiti del lecito e dell’illecito. In altri termini, capire quali sono le categorie oggettive che ci permettono di capire se ci troviamo di fronte ad un’azione legale o illegale. Penso che oggi molti abbiano perso i riferimenti oggettivi della legalità. Si può compiere un’azione illegale anche a fin di bene, mi pare che il machiavellismo sia presente nel DNA di molti uomini del nostro tempo, in particolare in diverse persone che ricoprono anche ruoli di gestione di un servizio pubblico. “Il fine”, anche il più nobile, non può “giustificare i mezzi”. Si può strumentalizzare un’organizzazione o un posto di servizio per ricavarne denaro, prestigio personale, per nepotismo, per fini politici, per la carriera professionale, o altro. Possiamo giudicare illegale solo la strumentalizzazione per fini di lucro? Penso che l’illegalità, in questo caso, consista proprio nell’azione di strumentalizzazione e non solo nella tipologia di profitto che se ne trae. Diremmo che sfruttare un’organizzazione o un posto di servizio per fini di lucro o per scopi politici, genera più indignazione che non la strumentalizzazione per prestigio personale o per la carriera professionale. Quello che voglio evidenziare è il seguente concetto: in ogni caso ci troviamo di fronte ad un’azione illegale tipicamente egoistica e tornacontista, dove si usano le persone come si usano le “scarpe”, un’azione che lede e offende la dignità della persona umana. Il metro del lecito e dell’illecito deve essere sempre la persona umana, la strategia operativa, l’altruismo, questo significa che siamo chiamati a operare sempre per il bene comune. Lavorare per il bene comune, secondo il paradigma dell’altruismo, alla fine, comunque, agevola e mette in vista chi gestisce un’organizzazione o un servizio. Una buona azione gratifica sempre chi la compie, si tratta di operare nel rispetto di tutti e nella garanzia dello spazio altrui. Nell’educazione alla legalità, prima di tutto, bisogna tenere uno stile di vita incentrato sull’etica del bene comune. La prima azione educativa che compiamo è il nostro agire quotidiano, sia come genitori e educatori, sia come responsabili di un servizio o di un’organizzazione. Chi ricopre una funzione pubblica è anche il custode e il garante della legalità, del bene comune, del “minore” in senso lato.